Da noi son passati tutti: Siculi, Sicani, Fenici, Etruschi, Greci, Cartaginesi, Romani, Bizantini, Barbari, Saraceni, Arabi, Normanni, Turchi, Spagnoli, Francesi, Piemontesi.

Fermiamoci un attimo, e facciamoci aiutare – per il profilo che ci riguarda – ovvero la costa della provincia di Ragusa, dallo storico arabo “Edrisi”, che così definiva la nostra costa: – “.. ricca di dune ad occidente, di banchi di arena ad oriente, che vi manda l’Africa, è spessa di seni, e di promontori piccolissimi, che le danno la forma di una frangia. ” –

I seni sono: Scoglitti (Gazirat al Haman), Cammarana, Colombara, Puntasecca (‘Ayn el Keseb), Longobardo-Molinazzo (Kaukana), Mazzarelli (Marsa ‘A Rillah), San Pieri, Circiolo ( Gadir ‘ai Fariur) Punta Corvo (Grurf at tif-l’), , Pozzallo (Marsa-er-Deramin).

promontori sono: Zafaglione, Braccetto, Punta di Pietro (Torre di Mezzo), Capo Scalambri o Scaramia (Ras Carani), Corvo (Gurf’ at tif-l’), Ragaglione, Pisciotto (Marsa Siklan). Fino ad arrivare al promontorio La Marza, (Marsa ‘al Bawlis), che prepara capo Pachino.

Capo Scalambri

Molti di questi nomi hanno un’importanza storica, a partire da Cammarrana, che ereditò il nome, alquanto corrotto, di una delle principali colonie corinzie. Appena a ridosso, ci sono le tracce di Kaukana (Porto delle canne), che ereditò da Kamarina, dopo la sua distruzione da parte dei Romani (262 a.C) una gran parte degli abitanti e quindi del commercio. Di questa rimasero solo le rovine (Strabone VI,271).

Pare che Kaukana sia sorta tra l’anno 255 e il 249, come ricorda Plinio il Vecchio, anche se Tolomeo ( visse 50 anni dopo Plinio) non indica una città, ma un porto, un ancoraggio.

Lo Schubring ritenne che Kaukana ebbe origine in seguito ai naufragi subiti dalla flotta romana durante la prima guerra punica (dal 264 al 146 a.C.), ma il Prof. Biagio Pace non condivise questa ipotesi.

Di fatto, in epoca tardo-romana e bizantina, Kaukana raggiunse notevoli dimensioni (3 x 1,5 km), notevoli per un abitato sulla spiaggia. Ad un chilometro e mezzo da Kaukana, il Fazello, su di una collinetta, vide le rovine di un tempio molto antico, e lo rese in lingua latina ” Sterius pictus”; significato molto oscuro, che forse allude alla forma del tempio.

Proprio a Kaukana, l’ammiraglio cartaginese Curtalo si appostò in agguato, nel combattimento navale della prima guerra punica, ad osservare la divisione della flotta Romana (Polibio.Livio). Ed anche qui era il porto che accolse le flotte del Console Giunio, e del bizantino Belisario che da qui partì per liberare Malta dai Vandali. E sempre da qui, quattro secoli dopo, si mosse il Conte Ruggiero per la conquista e liberazione di Malta dagli ultimi arabi (1091).

Sicuramente il Porto di Kaukana era costituito da un canale, congiunto col vicinissimo Capo Scaramia, il cui ingresso era protetto da una bassa striscia di rupi che congiungevano il mare col Lacus Cocanicus (Plinio), limitrofo a Capo Scaramia, e fatto prosciugare ( paludi di S.croce), verso la fine dell’ 800 dal barone di Corchigliato Guglielmo Vitale, con canali che sboccano a mare tra torre di Pietro ( “turri ‘imienzu) e punta Braccetto.

Da ciò si suppone che il porto di Kaukana facesse tutt’uno con Capo Scaramia. D’altronde, anche il porto di Kamarina era un porto canale che permetteva al naviglio di raggiungere il Lacus Kamarinensis, bacino interno, quindi più sicuro.

Tabula Peutingeriana

Tornando alla nostra Marina di Ragusa o Marsarella – o dal toponimo arabo “Marsa ‘A Rillah”, piccolo porto – essa è posta tra capo Scalambri ed il fiume Irminio, quasi a ridosso di quest’ultimo, che Plinio il Vecchio chiama Hirminius, mentre G.B. Odierna lo scriveva Erminio.

Altro storico, il Fazello, riferisce che ai suoi tempi (1558) l’Irminio era chiamato Maulus o Maulis, dubitando che derivasse da Magone, duce cartaginese. E’ infatti verosimile che Maulli, attuale nome della contrada dell’Irminio, derivi dall’arabico “Mahàll”, luogo di fermata, o “maula” (liberto); ma con molte più probabilità deriva da “maul”, “la bocca, la foce” ( di dizione normanno-gotica ); e ciò per assicurazione dell’Edrisi, secondo cui sino all’età dei Normanni esisteva un bel porto in tale zona – in cui le “Triere” ( navi con tre ordini di remi) o le “Tretere ” ( navi con un solo ordine di remi) entravano per lasciare, e prendere i carichi – mentre a Mazzarelli “Marsa ‘a Arillah” esisteva un piccolo ridosso o rifugio da carico.

E’ dell’Edrisi un primo attendibile cenno storico sul pantano Marsarella o Mazzarelli, come su una “donnafugata” ed una “donnalucata”, che Edrisi chiama rispettivamente “‘ayn as jafat” (fonte della salute) e “‘ayn al awquat” (fonte delle ore).

Foto leone

Chiediamo a questo punto, un altro importante aiuto allo storico Fra Fazello che, nella sua Storia della Sicilia ( 1558 -Deca I,166), menziona Mazzarelli quale ridotto, ad un miglio dall’Irminio, utilizzato per sfuggire alle imbarcazioni della Barberia che, di frequente ,sul Canale di Malta depredavano i mercantili facenti rotta verso l’arcipelago Maltese. Per sfuggire ai corsari della Barberia, le piccole imbarcazioni dei commercianti navigavano sotto costa, ed arrivati a Mazzarelli, attendevano la notte per attraversare il Canale -. (il tragitto più breve per Malta, di tutto il Canale di Sicilia, parte proprio da Mazzarelli).

Il Fazello sull’argomento riporta, anche, che – …se era cattivo tempo e non si era in condizione di affrontare il mare, le barche venivano ammarrate ( tirate a secco) in questo scalo -.

llNella toponomastica di Marina di Ragusa è ancora presente una zona col nome di Scalo Trapanese ( proprio la zona d’insediamento del nostro porticciolo turistico), così denominata in quanto, i navigatori Trapanesi, costeggiando il Canale di Sicilia, arrivavano a Mazzarelli per poi intraprendere la navigazione verso Malta, compiendo la traversata, appunto, seguendo la rotta più breve.

Nel XVI secolo, i vari Vicerè che si succedono al governo della Sicilia, sotto la minaccia delle incursioni turche sono indotti a pianificare un sistema d’avvistamento dislocato lungo tutto il litorale della Sicilia, ed all’uopo incaricano un architetto fiorentino, Camillo Camillani, che portò a compimento il suo studio nel 1584. Nel suo libro ” Descrizione dell’isola di Sicilia”, egli parla del litorale della Contea di Modica, ed individua in Mazzarelli uno scalo rifugio ed anche una piccola tonnara con magazzini.
Il Camillani non ritenne dover segnalare l’esigenza di una torre di avvistamento in Mazzarelli, in quanto quest’ultima era già protetta dalla vicinanza del pantano della Castellana che con le sue basse acque, i suoi miasmi palustri e le micidiali “anofele”, costituiva già una barriera naturale ad eventuali sbarchi di corsari -.
Da quanto ci riferisce il Camillani, si deduce che un porticciolo ed una tonnara esistessero in tempi molto precedenti lo studio del Camillani stesso, ed anche precedentemente alla costruzione del fortilizio, a difesa e dominio del mare, fatto erigere nel 1579 dal Conte Luigi Enriquez Cabrera, in ossequio ad una delibera parlamentare proposta dal Vicerè don Marco Antonio Colonna.

Nel 1606 alcuni pirati della Barberia assaltarono tre vascelli siciliani, depredandoli dei loro carichi di vino e grano. Questo episodio ebbe luogo il 14 giugno vicino all’Isola dei Porri. Gli stessi pirati, tre giorni dopo, travestiti da cristiani, presero terra a Mazzarelli attaccando un altro vascello siciliano lì attraccato, e fecero prigioniero il guardiano della Torre Cabrera.

Dopo varie vicende, su richiesta di Andrea Valseca, il feudo di Gallimeli o Mazzarelli venne innalzato a Baronia da Giovanni Fernadez Paceco, Marchese di Vigliena e Vicerè di Sicilia. Il Valseca, poi, esattamente il 17 maggio 1609, giurò fedeltà alla Corona di Spagna , ottenendo il titolo richiesto per sé ed i suoi eredi. In cambio, accettò l’onere di prestare servizio militare con un cavallo armato, e l’obbligo di riprendere investiture ad ogni passaggio della Corona di Spagna, pagando il diritto di decima per ogni acquisto o vendita.Senza veder la Sicilia non ci si può fare un’idea dell’Italia. E’ in Sicilia che si trova la chiave di tutto – J.W.Goethe Viaggio in Italia 1786-1788.

Nel 1837, quando in Sicilia scoppiò il colera, Ferdinando II ( paventando l’estendersi di una ribellione popolare iniziata a Siracusa ) inviò a Ragusa, una compagnia di mercenari svizzeri. Tra questi soldati vi era il dottor Francesco Doxlkelper, chimico, che visitando le pirrere ragusane, si rese conto che la pietra asfaltitica poteva essere usata per la pavimentazione delle strade delle sue contrade. Poco dopo quella visita, chiese al Re , nel 1838, l’autorizzazione ad aprire una miniera in Ragusa. Come che sia, il Doxlkelper non riuscì nell’intento.

Da allora, si incomincia a parlare delle miniere di bitume o pietra pece; anche se gli Arabi Ahmed-ibn-Omar e Kazwini parlavano già nel 1130 – dell’olio di nafta, che sgorga ne’ mesi di scelbat (febbraio) e ne’ due seguenti, da certi pozzi in Ragusa -. Infine, nel 1838, sotto i Borboni, incominciarono i tentativi degli speculatori e degli scienziati per derivare idrocarburi dalla pietra pece ragusana.

Proprio grazie alla “pietra pece” ha inizio lo sviluppo moderno di Mazzarelli E’ così che nel 1866 vengono assegnate diverse concessioni a favore di compagnie straniere ed italiane. Fra queste, le inglesi The Val de Travers, Trewhella, Aveline, United Limmer; le francesi Compagnie Generale des Asphalte de France ed Alfred Gutterean; le tedesche E.Kopp, Weiss & Freytag. La svizzera: Samuel Issac; le italiane Puricelli di Milano, Società Sicula di Palermo. A questa subentrò, nel 1918, la Società Italiana A.B.C.D. ( Asfalti-Bitumi-Combustibili-Derivati).

L’importanza di Mazzarelli cresceva sempre più, tanto che nel 1884 il Regio Ministero dell’Agricoltura, su richiesta dell’On. Cancellieri – allora deputato di Vittoria – impose al Comune di Ragusa la bonifica delle paludi di Mazzarelli e di altri siti.

L’estrazione del bitume dalle cave ragusane – bitume che veniva caricato su dei carretti, e con questi inviato al piccolo approdo di Mazzarelli – azionò il volano dell’economia locale, col seguito di un certo benessere.
Il piccolo borgo di Mazzarelli era così diventato un nodo importante per l’economia ragusana; infatti, i prodotti estratti dalle cave erano tutti inviati a Marina di Ragusa per essere caricati direttamente sui grandi vascelli lì all’ancora, o per avviare i prodotti estratti dalle cave d’asfalto verso porti di un certo rilievo, quali quello di Siracusa, o di Licata.
La frazione marinara incominciò ad essere tenuta in considerazione dalle autorità, e ad essere abitata da qualche centinaio di marinai, da qualche contabile e da alcuni artigiani, nonché da un console inglese. In tal modo nacque la prima delegazione del Comune di Ragusa. Siamo nel 1892. Il primo delegato fu Enrico Criscione, proprietario terriero.

A testimonianza dell’importanza dello Scalo di Mazzarelli, già nel 1856, 145 anni fa, Filippo Garofalo scriveva: – .. dal nostro scalo si imbarcano carrubi, cereali, cavalli, buoi, pecore, latticini, cera, miele, olio, lana, lino, cotone, canapa, cuoia, scope, corde tartato di botti, semolino, seme di canapa, quindi, la strada e la costruzione di un porto per l’approdo di legni mercantili faciliterebbe il commercio Ragusano .- Pochi anni dopo la trazzera Ragusa- Mazzarelli fu trasformata in rotabile, e le Compagnie, già presenti in Ragusa per lo sfruttamento delle miniere d’asfalto, si organizzarono, demandando a centinaia e centinaia di carrettieri l’onere di trasportare le pietre asfaltitiche direttamente sui barconi all’ormeggio in Mazzarelli. Questi barconi, poi, provvedevano a caricarle sui piroscafi o sui velieri ancorati al largo, i quali salpavano, infine, verso i lontanissimi porti di Amsterdam, Londra, Buenos Aires, Pechino, Città del Capo, etc..

Secondo una profezia saracena dell’anno Mille, nel Duemila, sulle spiagge di Mazzarelli, anziché i soliti – mincia ‘i mari – o policastri insignificanti, arriverà un delfino dotato di un istinto politico superiore, tanto superiore da riuscire ad imporre la realizzazione del porticciolo. Abbiamo resistito, ci siamo ed abbiamo anche tre delfini (non uno) quale simbolo della nostra Associazione.

Mazzarelli si trasformò, gradualmente, da modestissima località con più anime che case, in un’accogliente borgata marinara. Ma, ancora una volta, dei progetti portuali si parlò molto e nulla si fece.

Verso il 1870 il Governo approvò un progetto inteso ad estendere la linea ferroviaria Siracusa/Canicattì, linea che avrebbe dovuto toccare Mazzarelli, Santacroce, e Pozzallo; ma i politici locali procurarono che Mazzarelli fosse esclusa dalla linea ferroviaria.

Il danno fu notevolissimo, ed è tuttora tangibile. Se Mazzarelli fosse stata servita, all’epoca, dalla ferrovia, oggi avrebbe anche il Porto, e tutta la provincia di Ragusa avrebbe avuto ben altro sviluppo. Noi non saremmo qui a lottare per ottenere quanto ci spettava e ci spetta di diritto, ed i Ragusani, avrebbero evitato l’onta di una ferrovia inutile, la ferrovia Siracusa-Ragusa, passata alla storia col nomignolo di ” ‘u trenu ‘i Cicciu Piecura”. Detta linea secondaria era a scartamento ridotto, ed il treno procedeva anche a velocità ridotta, anzi nelle salite a velocità ridottissima, ed il popolo lo battezzò – ‘u trenu ‘i Ciccio Piecura, proprio considerandolo come i trenini-giocattoli di latta che Francesco Battaglia Ciulla, inteso Cicciu Piecura, vendeva nel suo negozio di Via Addolorata, ora via Roma .

Dopo la Grande Guerra, le Compagnie estrattive evidenziarono al Governo, l’urgente esigenza della realizzazione del Porto di Marina di Ragusa, e fu grazie all’illustre concittadino S.E. Filippo Pennavaria, sottosegretario di Stato, che il Regio Ministero dei Lavori Pubblici approvò nel giugno del 1930 il progetto n°1094 per la costruzione di un porto di IV classe in Marina di Ragusa, per un importo dei lavori di £. 975.000,00.

Dopo la seconda guerra, la Commissione Ministeriale dei Porti Marittimi Nazionali con propria relazione, la n° 313 del 20 luglio 1950, negò la possibilità tecnica di creare un porto a Marina a causa delle sabbie troppo sottili presenti in quel litorale. Poco dopo, il 27 ottobre 1953, fu scoperto il petrolio a Ragusa. Grazie alla risonanza mondiale dell’evento, il Sindaco, Dr. Salvatore Di Giacomo, reiterò la richiesta di costruzione del porto a Marina, con la delibera del consiglio comunale n° 418 del 16 giugno 1955, che prendeva le mosse dal dubbio che la Commissione del 1950 avesse realmente espresso il proprio parere dopo un idoneo sopralluogo a Marina di Ragusa.

Da allora ci furono due seri tentativi: uno a cura di privati che cercarono di riattivare il porto storico della Zona ” il Maulli” ( così da mettere in comunicazione il mare con la foce dell’Irminio. ). Va detto, per inciso, che questo tentativo sarebbe andato a buon fine se non fossero insorti capziosi problemi legati alla distribuzione delle acque della foce, che un consorzio sosteneva diventassero salmastre giacché il mare era stato messo in comunicazione col fiume. In buona sostanza, per detto motivo, e per l’incapacità dei ” professionisti “, promotori dell’iniziativa, oggi non abbiamo un porto turistico di bellezza e rilevanza internazionale.

Foto della foce

Il secondo, ed ultimo tentativo, intrapreso per iniziativa dell’ex Sindaco Giorgio Chessari, è l’attuale progetto del porticciolo, progetto di cui si attende il superamento dell’esame di impatto ambientale e, di conseguenza, la realizzazione.

Qui ci fermiamo; ma non prima di aver sottolineato che, dopo la scoperta del petrolio, nel 1953, la Gulf Oil creò un oleodotto ( ancora funzionante) verso la raffineria dell’americana Rasiam Standard Oil.

Come risultato di questa bella impresa ( passata sotto il nostro naso, senza che l’apparato politico/amministrativo facesse la minima grinza ), dell'”oro nero” Ragusa non l’ha mai sentito l’odore, che pare non sia molto gradevole ( quando si dice la fortuna! ).

Ciò non di meno, si è trattato – in senso letterale – DI FURTO CON DESTREZZA!! Reato che continua ancora ai giorni nostri, con l’estrazione del petrolio dai fondali di Marina di Ragusa; estrazione che ha fruttato allo Stato diversi milioni di miliardi, e che continua a fruttarne!